L’emanazione del Codice del Consumo (D.Lgs. n. 206/2005) ha confermato la natura di “consumatore” del condominio. Capita sovente che molte ditte, stipulando contratti di diversa natura (pulizie, assicurazioni, manutenzioni…) con le amministrazioni condominiali, continuino ad inserire delle clausole vessatorie (ovvero disposizioni lesive dei diritti fondamentali del consumatore che molto spesso impediscono al consumatore di effettuare scelte libere e consapevoli:
può essere un esempio l’imposizione di mantenere il rapporto con la stessa società di pulizie per lunghissimi periodi di tempo sotto pena del pagamento di penali e con rinnovo tacito del contratto).
Già in epoca anteriore all’entrata in vigore del Codice del Consumo la giurisprudenza definito il condominio come un consumatore, atteso che si tratta di un insieme di persone fisiche che agiscono “per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale” (Cass.,n. 10086/2001). L’amministratore, che firma i contratti, è solo un mandatario e rappresenta le persone fisiche, ovvero i condòmini. Anche a tale proposito, la giurisprudenza ha specificato che i contratti non vincolano l’amministratore che li ha firmati, “ma i singoli condòmini- onsumatori” così come definiti dall’art. 3 del Codice del Consumo, ovvero persone fisiche che agiscono per fini estranei all’attività imprenditoriale o professionale (ord. n. 452/2005). Ne deriva che nei contratti tra un condominio e una ditta sono applicabili tutte le norme che tutelano il consumatore, come ad esempio il foro competente, il recesso, le penali eccessive, la disdetta fortemente anticipata rispetto alla scadenza del contratto, la garanzia di due anni, la responsabilità per danno da prodotto difettoso, le varie clausole vessatorie, ecc. Da parte loro, ai sensi degli artt. 139-140 del Codice del Consumo, le associazioni dei consumatori possono agire in giudizio a tutela dei condòmini per inibire atti e comportamenti lesivi nei loro confronti.