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Omissione dall’elenco degli abbonati

Capita a volte di essere incontrati per caso da amici, parenti, conoscenti e, perché no, clienti e sentirsi dire: “Ma non ci sei più sull’elenco telefonico?” e noi, ignari di questo mancato inserimento inaspettato, restiamo interdetti e mortificati, apprendendo per la prima volta un dettaglio non trascurabile della nostra visibilità pubblica, soprattutto se si esercita una determinata attività, sia essa professionale, commerciale o, comunque, che trae maggior profitto da una sempre crescente forma di pubblicità.

Trasformando l’esempio astratto in un caso concreto, raccontiamo la vicenda in cui un ente gestore del servizio di telefonia fissa aveva omesso di inserire il numero di un avvocato penalista nell’elenco abbonati relativo all’anno 1995, mentre il cd. “servizio informazione abbonati” forniva nel medesimo periodo soltanto il numero di fax dello stesso.

Ne segue, dopo il fallimento di proposte conciliative, che la questione va a finire in tribunale e ne consegue la trattazione in ben due gradi di giudizio, dopodiché della soluzione giuridica viene investita la Suprema Corte di Cassazione, nella sua funzione nomofilattica, che, a conclusione della lite, emette lasentenza del 21/1/2011, n. 1418.

Tale pronuncia ha stabilito che l’omesso inserimento nell’elenco abbonati del numero di telefono dello studio di un libero professionista (nella specie avvocato penalista), unitamente alla mancata prestazione del “servizio informazione abbonati”, è causa di evidente danno per lo stesso, sia di tipo patrimoniale, come perdita di affari e di guadagno, sia di tipo non patrimoniale, come danno all’immagine del professionista.

Sul profilo del danno non patrimoniale (danno all’immagine), la Corte afferma un importante principio, secondo cui “…uno studio legale irreperibile sulla guida telefonica e dotato di un’unica linea adibita a fax poteva ingenerare l’immagine di un professionista poco efficiente ed affidabile, tanto più trattandosi di avvocato penalista, la cui facile reperibilità riveste particolare importanza nei casi di urgenza che caratterizzano quello specifico settore legale”.

Per ciò che attiene il danno patrimoniale da perdita di affari, il Supremo Consesso afferma che in tale caso la quantificazione della voce di danno va effettuata dal giudice secondo il principio di equità, che viene in considerazione non soltanto in caso di impossibilità di sua precisa stima, ma anche (come nel caso in oggetto) in caso di difficile determinazione.

Ma il privato cittadino che non viene inserito nell’elenco telefonico e che non esercita attività professionale o commerciale quali richieste potrà far valere all’ente gestore del servizio di telefonia fissa?

La risposta alla domanda ci viene data dalla lettura del DM 08 maggio 1997, n.° 197, il “Regolamento di servizio concernente le norme e le condizioni di abbonamento al servizio telefonico”, il quale all’art. 41, comma 2, prescrive che sia corrisposto all’utente un risarcimento pari a quattro mensilità del canone di abbonamento e, dove ne ricorrano le condizioni, l’utente ha diritto al risarcimento del maggior danno subito.

Riassumendo, in conclusione, si può pacificamente affermare che, in caso di omesso inserimento di un nominativo sull’elenco telefonico, il soggetto può chiedere all’ente gestore della rete telefonica fissa la corresponsione dell’indennità pari a quattro mensilità del canone in vigore al momento della richiesta, nonché, ove sussistano e possono essere provati, il risarcimento dei danni patiti da questo inadempimento contrattuale da parte del gestore telefonico.

Ovviamente se il danneggiato è titolare di un’attività commerciale o professionale avrà diritto sicuramente ad un risarcimento danni maggiore rispetto a chi non esercita una tale tipologia di attività e, in tal caso, è necessario fornire solo la sola prova dell’esistenza del danno ed il nesso di causalità con l’inadempimento del gestore, essendo la liquidazione del pregiudizio liquidabile dal giudice secondo equità, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1226 e 2056 del codice civile.

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