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Corte di Cassazione Sent. n. 24044/2009

Riportiamo il testo integrale della sentenza della Corte di Cassazione n. 24044/2009 relativa alla responsabilità dell’agenzia turistica anche per vettori stranieri. 

 

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 19 ottobre – 13 novembre 2009, n. 24044

(Presidente Varrone – Relatore Massera)

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 11 ottobre – 15 novembre 2001 il Tribunale di Milano accoglieva parzialmente la domanda proposta da M. S., che aveva chiesto la condanna della **** S.r.l. al risarcimento dei danni, poi liquidati in complessivi euro 33.044,97, conseguenti all’infortunio subito nel corso di un’escursione organizzata dalla convenuta.

Con sentenza in data 11 novembre 2003 – 17 settembre 2004 la Corte d’Appello di Milano liquidava euro 6.357,24 in favore della S. a titolo di risarcimento danni immateriali.

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: il Tribunale aveva correttamente affermata la legittimazione passiva della **** S.r.l. e respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla medesima; il contratto all’origine della controversia riguardava un pacchetto di viaggi e di vacanze, comprensivo di un’estesa serie di prestazioni e di servizi; l’agenzia doveva rispondere come vettore anche delle escursioni eseguite da un’organizzazione locale; nella specie l’escursione costituiva un’optional al pacchetto di viaggio e soggiorno turistico; la S. non aveva offerto la prova degli asseriti danni materiali; spettava anche il danno da vacanza rovinata.

Avverso la suddetta sentenza la società **** S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati con successiva memoria.

La S. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112c.p.c., del principio dell’apparenza del diritto, nonché degli artt. 1 n. 2-3, 15 e 18 della CCV, artt. 1681 e 2951 c.c., oltre che omessa motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360, n. 3 e 5 c.p.c.

La violazione dell’art. 112 c.p.c. va denunciata ai sensi del n. 4 (e non 3 e/o 5) dell’art. 366 c.p.c.
L’addotta violazione viene ricollegata all’interpretazione del motivo d’appello concernente la propria legittimazione passiva. In particolare nega che gli elementi di fatto allegati dall’attrice e emersi dall’istruttoria fossero sufficienti a dimostrare l’avvenuta assunzione delle obbligazioni del vettore in relazione al trasporto della S. in occasione dell’escursione nel deserto; aggiunge che l’apparenza del diritto è principio che opera sul piano del risarcimento del danno e non crea ex nihilo le obbligazioni derivanti da un supposto contratto.
La Corte territoriale, sia pur riportando pedissequamente le argomentazioni del Tribunale, ha tuttavia congruamente indicato le ragioni del proprio convincimento. In primo luogo si è riferita al contratto di “pacchetto” di viaggi e di vacanza sottolineandone il carattere di negozio misto, comprendente non solo il mero trasporto – e neppure il mero alloggio – ma esteso anche ai “prodotti accessori” connessi con quello principale, giacché contrattualmente configurati come optional. In secondo luogo è noto che il principio dell’apparenza del diritto, riconducibile a quello più generale della tutela dell’affidamento incolpevole, può essere invocato con riguardo alla rappresentanza, allorché, indipendentemente dalla richiesta di giustificazione dei poteri del rappresentante a norma dell’art. 1393 c.c., non solo vi sia la buona fede del terzo che abbia concluso atti con il falso rappresentante, ma vi sia anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente. In relazione a tale principio, spetta al giudice di merito accertare se, in relazione alle circostanze obiettive del caso concreto, il comportamento tenuto dal rappresentante sia stato tale da ingenerare nel terzo il ragionevole convincimento sulla corrispondenza della situazione reale a quella apparente.
I giudici di merito hanno accertato che tutte le trattative concernenti la partecipazione all’escursione erano state svolte da personale che si presentava e operava in nome e per conto della **** S.r.l..
In ogni caso questa stessa sezione ha recentemente stabilito (Cass. Sez. III, n. 5531 del 2008) che l’organizzatore o venditore di un pacchetto turistico, secondo quanto stabilito nell’art. 14 del d.lgs. n. 111 del 1995, emanato in attuazione della direttiva n. 90/314/CEE e applicabile ai rapporti sorti anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 206 del 2005 (Codice del Consumo), è tenuto a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore, a causa della fruizione del pacchetto turistico, anche quando la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altri prestatori di servizi (come il vettore), salvo il diritto a rivalersi nei confronti di questi ultimi.
Per questa stessa ragione resta confermata l’applicabilità alla specie della prescrizione triennale e viene superato il tema dell’applicazione dell’istituto dell’apparenza del diritto. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2059 c.c., dell’art. 185 c.p. nonché omessa o contraddittoria motivazione in ordine a questioni determinanti ai fini della decisione in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. Lamenta che, nonostante l’iniziale affermazione che la configurabilità della responsabilità contrattuale della **** S.r.l. fosse d’ostacolo all’accertamento incidentale di una responsabilità per illecito configurante reato, la Corte territoriale abbia in definitiva riconosciutane la risarcibilità sotto il profilo del danno immateriale in ogni caso di violazione di interessi protetti da normativa costituzionale o comunque primaria e assume che tale pronuncia costituisce errata applicazione delle norme di riferimento.
Questa doglianza rimane contraddetta dall’evoluzione dell’interpretazione giurisprudenziale in materia a far data dalla nota pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 26972 del 2008), secondo cui il danno non patrimoniale, quando ricorrano le ipotesi espressamente previste dalla legge, o sia stato leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, è risarcibile sia quando derivi da un fatto illecito, sia quando scaturisca da un inadempimento contrattuale. Sulla scia del nuovo orientamento, questa stessa sezione ha successivamente affermato (Cass. Sez. III, n. 4053 del 2009) che il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c. costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del c.d. danno morale soggettivo (e cioè della sofferenza contingente e del turbamento d’animo transeunte, determinati da fatto illecito integrante reato), ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, senza soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 cod. pen.
In definitiva, nel nostro sistema il cosiddetto danno da vacanza rovinata viene ormai ricompreso nell’ipotesi di danno non patrimoniale ulteriore rispetto a quello morale.
Queste considerazioni determinano l’infondatezza del secondo motivo nei limiti in cui esso è stato proposto.
Pertanto il ricorso va rigettato e le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

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